Io il Tavernello non lo bevo, o forse sì…

C’è un gioco che mi piace fare sempre con i partecipanti a un corso per aspiranti sommelier, ma anche ad eventi ai quali siano presenti degli auto-proclamatosi intenditori di vino.

Non si può fare a meno di notare che la maggior parte di queste persone – fortunatamente non tutte! – fin dall’inizio dei loro studi/conoscenza inizino a snobbare i vini più economici, in Italia su tutti il celebre Tavernello, giudicandolo un vino pessimo, imbevibile, acqua sporca, non adatta alle loro sensibili papille gustative.

Al di là di gusti personali, quello che mi fa sorridere, ma anche riflettere, é che i giudizi sono semplicemente basati sul fatto che costa pochissimo e che é confezionato in TetraPak il che, ai loro occhi, é sufficiente per ritenere che un vino faccia schifo.

Ma quanti di questi aspiranti sommelier / intenditori lo hanno realmente assaggiato? Pochi. Molto pochi. Diciamocelo, a chi piace il vino sicuramente non viene in mente di comprare un vino in TetraPak, scegliendo piuttosto vini economici ma pur sempre in bottiglia. Ma, per chi studia o per chi si ritiene un intenditore, anche questi vini dovrebbero rientrare nella lista di vini da provare; sono pur sempre sul mercato e, in quanto tali, devono essere conosciuti. Senza tralasciare il fatto che sono tanto, tanto venduti.

La prima volta che feci assaggiare un Tavernello ad un corso per aspiranti sommelier di primo livello, rigorosamente alla cieca, lo presentai in una batteria con altri 4 vini. Chiesi ai partecipanti di compilare le schede di degustazione e poi di commentarle ad alta voce. Infine chiesi loro di esprimere un giudizio personale su quale vino avessero preferito, in generale. Furono diversi quelli che ritennero il Tavernello il vino preferito nella batteria in degustazione! La parte divertente é stata ovviamente svelare i vini…e osservare con soddisfazione le facce di coloro che lo avevano eletto a preferito del gruppo!

C’è però anche un risvolto molto più serio dietro tutto questo. Troppo spesso chi acquisisce conoscenze nel mondo del vino assume un atteggiamento di snobismo totalmente ingiustificato verso prodotti che i luoghi comuni relegano nella parte più bassa della piramide qualitativa.

Un sommelier (ma anche un intenditore), in forza degli studi e della acquisita capacità critica, deve essere in grado di giudicare un vino in maniera totalmente libera da pregiudizi, positivi o negativi che siano. Il che é un’impresa molto più difficile di quanto possa sembrare, anche dopo diversi anni di esperienza. Nel caso specifico, un vino come il Tavernello (o prodotti simili) non é necessariamente cattivo e fatto male. Dal punto di vista della cura della produzione, quanto meno relativamente alle produzioni italiane, non ci sono dubbi sul rigore delle norme vigenti e sulla certezza di un prodotto sano. Il vino non presenta nessun difetto, non può presentarne per via proprio delle pratiche utilizzate in cantina che, se da un lato lo privano della componente emozionale e corredo organolettico, dall’altro lo rendono un vino perfettamente pulito, privo di impurità, sano, stabile.

Diventare sommelier, o dichiararsi intenditori, significa innanzitutto diventare ogni giorno sempre più curiosi. Ogni singola variazione del mercato deve essere per noi degna di nota, richiamare la nostra attenzione e arricchire il bagaglio di sensazioni e note di degustazione, in grado poi di renderci davvero capaci di valutare un vino in maniera realmente obiettiva. Inoltre, senza assaggiare i potenziali estremi di una piramide qualitativa, come potremo mai collocare i diversi vini in ordine di qualità?

Poi, soddisfatta la curiosità, alcuni vini finiranno nel lavandino, altri in padella, altri ancora ci faranno compagnia sul divano con le gambe sotto una coperta perché, alla fine, il vino migliore è quello che più ci piace.